Licenziamento GPG senza porto d’armi: confermata l’illegittimità a seguito di opposizione.

Si rivolgeva allo scrivente studio legale una Guardia Giurata Particolare, regolarmente assunta presso un noto Istituto di Vigilanza Privata e che svolgeva mansioni per le quali era richiesto il regolare porto d’armi.

Nella specie, si duoleva lo stesso di aver ricevuto comunicazione di licenziamento in quanto la licenza prefettizia sarebbe scaduta e la pratica di rinnovo non veniva ultimata nel termine di 180 giorni di cui all’art. 120 CCNL dei dipendenti di Istituti di Vigilanza Privata.  Più precisamente, la procedura di rinnovo amministrativo veniva sospesa dalla Prefettura di Latina per cui, a parere del legale del lavoratore, il suddetto termine non poteva ritenersi giuridicamente spirato, con conseguente mancata integrazione della ipotesi normativa di “impossibilità sopravvenuta” della prestazione.

Lo scrivente difensore evidenziava al Magistrato adito che, inoltre, la momentanea sospensione della procedura di rinnovo amministrativa del porto d’armi non avrebbe in ogni caso legittimato il licenziamento, dal momento in cui il prestatore sarebbe potuto essere adibito momentaneamente a mansioni diverse, in attesa della conclusione dell’iter amministrativo dedotto.

Infatti, eccepiva la difesa del lavoratore che il porto d’armi veniva regolarmente concesso nei 20 giorni successivi alla suddetta scadenza del termine e che pertanto il lavoratore poteva essere regolarmente adibito a mansioni per le quali non necessariamente era previsto il porto d’armi – infatti l’Istituto di Vigilanza de quo prestava regolarmente attività professionali non solo di G.P.G. armate bensì anche di servizi di portierato, custodia valori ed altri.

Il Tribunale civile di Cassino, Sezione Lavoro, con Ordinanza del 20/07/2020, ha statuito quanto segue: il licenziamento è illegittimo in quanto il datore di lavoro non ha provato che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa aveva carattere assoluto e cioè che in azienda non vi fossero posizioni in cui potesse essere temporaneamente ricollocato senza la necessità dei titoli autorizzativi in rinnovo. In altri termini, la società convenuta non ha provato che essa aveva in carico, al momento del licenziamento, solo servizi di vigilanza armata o che comunque il ricorrente non potesse essere adibito a servizi diversi, non armati, eventualmente presenti in azienda. Il datore di lavoro non ha quindi assolto ad un onere probatorio che era a suo carico, a fronte delle allegazioni di parte ricorrente, la quale ha fatto rilevare che, come da oggetto sociale, la Società datoriale svolgeva anche servizi non armati (ad es. di portierato, piantonamento, guardia giurata non armata) a cui egli poteva essere adibito. In particolar modo la difesa del lavoratore allegava non solo visura camerale della Società resistente bensì anche varie stampe del sito internet societario su cui venivano ampiamente pubblicizzati vari servizi offerti ed in relazione ai quali non era richiesto alcun porto d’armi.

Per tali motivazioni ed anche alla luce degli anni di servizio resi dal lavoratore all’interno dell’azienda, il Magistrato del Tribunale civile di Cassino Sezione Lavoro ha riconosciuto l’illegittimità del licenziamento ed il diritto ad una indennità pari a 18 mensilità di retribuzione media globale di fatto, oltre 1 mensilità come indennità sostitutiva di mancato preavviso.

A seguito dell’ordinanza dedotta, il datore di lavoro procedeva alla proposizione del giudizio di opposizione ex art. 1, comma 51, l. n. 92/2012, lamentando la impossibilità di diverso impiego del lavoratore e dunque l’impossibilità di assolvere all’obbligo di repechage.

Ebbene, anche a seguito dell’indicata opposizione il Tribunale civile di Cassino, sezione Lavoro, confermava il proprio orientamento e ribadiva l’illegittimità del licenziamento con Sentenza del Luglio 2021 a causa della violazione dell’obbligo di repechage e del principio di buona fede.

Una pronuncia di rilievo all’interno di una vicenda processuale estremamente complessa e caratterizzata da copiosa documentazione, che vedeva finalmente riconosciuti e tutelati i diritti del lavoratore.

Ordinanza Tribunale civile di Cassino – Sez. Lavoro del 20/07/2020 – Sentenza 3 luglio 2021 –  Studio Legale Avv. Bruno Redivo